Intervista in occasione della Fiera del libro di Lima (2007) “Sono i bambini la cosa più preziosa e più importante che abbiamo” Nata nel 1953 a Cameri, in
Piemonte – dove sono nati grandi scrittori italiani come Cesare Pavese o
Primo Levi –, Anna Lavatelli è un’autrice affermata della letteratura
infantile italiana contemporanea. Ha studiato filosofia a Milano, è
stata insegnante di italiano nella scuola, collabora con riviste
specializzate per bambini e ragazzi e ha fatto incontri e animazioni
nelle scuole e nelle biblioteche. Ha vinto il premio Andersen-Baia delle
Favole per inediti nel 1988 e ancora nel 2005 come scrittrice dell’anno,
poi il premio Pier Paolo Vergerio nel 1998, il Premio Valtenesi nel 2003
e il Premio Omodei Zorini nel 2006. Tra le sue opere:
Paola non è matta
(1994), Tutti
per una
(1997), Chi ha incendiato la biblioteca?
(2004), Bimbambel
(2004), Voglioguerra e Cercopace
(2007). Sposata con un peruviano, madre di due figlie e grande
ammiratrice di Mario Vargas Llosa, questa stupenda scrittrice – che ama
leggere le sue storie ai bambini e che da piccola sognava di diventare
attrice – ci spiega nella seguente intervista com’è il mondo della
letteratura infantile contemporanea e come far sì che i bambini e i
ragazzi si avvicinino al bellissimo e sterminato mondo della lettura e
si innamorino dei libri per sempre. Cominciai con un racconto che inviai ad un concorso. Vinsi il primo premio. Non si trattava di denaro o di un viaggio alle Antille – eh eh eh – ma era la pubblicazione del libro, e da lì cominciai. Questo in che anno successe? Era il 1986. Era solo un inizio, ma mi fu utile perché più in là, quando arrivò in Italia il Battello a vapore e si fuse con una casa editrice italiana che si chiamava – e si chiama tutt’oggi – Piemme, e fondarono il Battello a vapore italiano, io potei fargli vedere il mio libretto e gli mandai il mio primo romanzo che è Paola non è matta. Così cominciai. Quello di promuovere i giovani autori è molto importante perché a volte gli editori non hanno interesse a pubblicare un autore che ancora non si è distinto in qualcosa, questo è il problema di fondo. Cosa vuole insegnare ai bambini attraverso le sue opere? Credo che la letteratura giovanile non debba insegnare niente, nel senso scolastico del termine, e nemmeno fare della morale. Una cosa che si può insegnare è la bellezza della letteratura stessa. Tutti gli autori contemporanei – ho conosciuto persone molto interessanti come Cristina Ramos (autrice argentina), Jorge Eslava, Marita Troiano, autori (peruviani) che qui si conoscono bene. Da parte mia ho letto racconti di Hernán Garrido Leca e Oscar Colchado –, tutti andiamo nella stessa direzione, cioè a che i bambini si appassionino ai racconti. Ciò che vogliamo insegnare è questo: la meraviglia della letteratura, e basta. Nient’altro. E lei, come scrittrice: quali sono le sue letture preferite, di cosa si “nutre” per scrivere? Uno scrittore si nutre tutti i giorni con letture di romanzi altrui. Non c’è al mondo uno scrittore che non sia anche un lettore. Anzi, di solito si legge più di quello che si scrive. La cosa più importante da sottolineare è che un autore che scrive per bambini non legge solamente libri per bambini. Certo, è importante che legga libri per bambini perché è importante essere aggiornati con ciò che c’è di nuovo nel mondo – per esempio, nel mio caso, non solo autori italiani ma autori di tutto il mondo. E se si sanno parlare altre lingue, meglio leggere in lingua originale. Qual è il suo autore preferito? Ci sono un paio di autori che sono i miei preferiti e sono stati importanti nella mia formazione come scrittrice. Uno scrittore italiano che si chiama Gianni Rodari (1920-1980) e che ha cambiato per sempre la letteratura italiana, nel senso che voleva insegnare ai bambini l’amore per le parole, raccontare storie che avessero come protagonisti dei bambini che nello sviluppo stesso della storia trovavano la soluzione di un problema o capivano dove aveva sbagliato. Questo è quello che ha fatto Rodari, oltre a risvegliare la fantasia e introdurre l’ironia nei racconti per bambini. L’altro è lo scrittore più malvagio del mondo (sorride) – che amo tantissimo –: Roald Dahl (Gran Bretagna, 1916-1990). È stato un genio, perché non ha avuto paura a mostrare come possono essere cattivi gli adulti. Di recente è uscito un film che non so se è passato anche qui, che è La fabbrica di cioccolato. Certo. È suo. C’è chi pensa che la letteratura infantile non si altrettanto importante di quella per adulti. Non sono assolutamente d’accordo. È la disinformazione su ciò che è la letteratura infantile o giovanile oggi nel mondo a far pensare che sia poco importante. Al contrario, per lo meno secondo me, credo che sia addirittura più importante, non solamente per il fatto che scrivere per bambini, ragazzi, è un compito di grande responsabilità – perché sono i bambini la cosa più preziosa e più importante che abbiamo. Coloro che si dedicano a questo attraverso la bellezza delle parole fanno un lavoro molto importante. E come per gli adulti c’è cattiva e buona letteratura, lo stesso vale per i bambini. In questo senso, siamo alla pari. Cosa pensa di J.K. Rowling? Crede che avrebbe dovuto fare tanti libri di Harry Potter? Forse no. Non mi piacciono molto le serie, devo essere sincera. I libri basati su questo canone alla fine un po’ mi annoiano, perché arriva un momento in cui il cliché si ripete. Non è che non mi piaccia Harry Potter, anzi lo trovo una buona idea letteraria, un romanzo che ha recuperato alcuni degli elementi più importanti della letteratura giovanile a partire – per esempio – dalla figura dell’orfano, che è così importante in tutta la letteratura dell’Ottocento, soprattutto in Inghilterra. E la magia. E un bambino che solo contro tutti, senza genitori, affronti questa lotta così importante come quella del bene contro il male. Questi sono temi tipici della letteratura in generale e ancor di più della letteratura giovanile: questa è una cosa buona. L’errore, secondo me, è stato allungare così tanto la storia. Un buon racconto, una buona storia, bisogna raccontarli una volta sola. Quanto fu importante lo scrittore per ragazzi Gianni Rodari, che pubblicò i suoi primi due libri per bambini nel 1950, Il libro delle filastrocche, e, nel 1951, Le avventure di Cipollino? Ha veramente cambiato il modo di intendere la letteratura per ragazzi – in Italia, per lo meno e credo anche nel mondo, perché lui è stato uno degli autori italiani più tradotti all’estero –. Una volta sono andata a una mostra in Italia sui libri di Gianni Rodari tradotti all’estero: c’era Russia, Cina, Giappone, Stati Uniti, … tutto il mondo insomma. Quello che più conta è che ha dato alla letteratura il primo impulso di cambiamento radicale dopo Carlo Collodi. Sono sicura che dopo Carlo Collodi non abbiamo avuto un autore capace di dare una nuova direzione alla letteratura giovanile, prima di Rodari. Per esempio, occupandosi di temi che adesso sono molto di moda e che sono un po’ troppo sfruttati dalla letteratura giovanile, come la pace, l’amicizia, l’ingiustizia sociale. Ma lui l’ha fatto per primo, raccontando tutto attraverso la lente dell’ironia, con storie che facevano ridere i bambini, che mostravano l’assurdo di alcune situazioni attraverso vicende divertenti e senza mettergli il finale: “Allora abbiamo imparato che…” Il bambino cominciava a riflettere su questi temi divertendosi. Questo è anche ciò che di buono aveva, a suo tempo, Collodi. Lui l’aveva capito… L’autore di Pinocchio, vero? Sì, l’autore di Pinocchio. Quanto più il tema è delicato, forte, tanto meglio l’umorismo riesce a proporlo con forza. Perché l’umorismo è il contrario della “morale della favola”. Si considera un’erede di Gianni Rodari? Sì, anche se non si possono mai rifare le stesse cose. Però sarebbe impossibile oggi cominciare a scrivere libri per bambini senza tener conto della lezione di Rodari o di Roald Dahl. Grazie a questi due importanti autori – anche se ce ne sono altri che hanno segnato tappe importanti, per esempio Christine Nöstlinger, austriaca, o Anne Fine, inglese (autrice del romanzo Mrs. Doubtfire, da cui fu tratto il famoso film con Robin Williams) –, tutti e due, Roald Dahl e Rodari hanno fatto sì che la letteratura giovanile raggiungesse la maturità. In questo senso ormai non si può dire che sia poco importante. Nel suo libro Chi ha incendiato la biblioteca? Ha lavorato con il famoso illustratore Cecco Mariniello: quanto sono importanti le illustrazioni nei libri per bambini? Sono molto importanti. Quelle di maggior impatto si vedono nei libri per bambini piccoli. In questi libri mi azzarderei a dire che le illustrazioni – parlo di libri per bambini di tre, quattro, cinque, sei, sette anni – sono più importanti delle parole. Le parole devono essere poche, molto ben calibrate ma poche, e le illustrazioni devono prevalere. Invece quando i bambini sono più grandi la parola diventa più importante. L’illustrazione, innanzi tutto, deve essere di buona qualità, perché le illustrazioni per bambini non devono essere carine, devono essere meravigliose. Di ottima qualità e fatte da illustratori che siano anche artisti. Questo prima di tutto e sempre, anche quando il libro è pensato per ragazzi più grandi. Inoltre gli illustratori devono cercare – per questo ci vogliono degli artisti – non di narrare quello che si trova all’interno del racconto, ma piuttosto di andare oltre ciò che viene raccontato. Mostrare ciò che lo scrittore non ha scritto, più o meno ampiamente. L’illustrazione deve essere come una narrazione che segue il racconto, però senza ripeterlo. Qui si riconosce l’artista di qualità. E non è facile. Adesso che è venuta in Perù, come ha visto la realtà della letteratura infantile peruviana? Ho un’idea più chiara. Il viaggio è stato molto utile. A parte il fatto di essere felice per l’invito, naturalmente, è stata un’occasione per conoscere gli autori, soprattutto quelli peruviani. In Italia si conoscono meglio gli scrittori argentini perché sono stati tradotti di più. Qui ho conosciuto Jorge Eslava, Marita Troyano, Garrido Leca y Oscar Colchado: mi sembra che siano ben inseriti nel mondo della letteratura giovanile contemporanea. Cioè, sono innanzi tutto coscienti – ciò che più conta – di scrivere per bambini. Sanno che la cosa più importante è scrivere dei bei racconti, con una narrazione che sia accattivante e per nulla moraleggiante. In Argentina c’era una rivista di letteratura infantile chiamata “Cuatrogatos”. Anche in Italia esistono riviste per bambini? Conosco “Cuatrogatos”, perché ci sono varie riviste italiane che si occupano di letteratura infantile e giovanile, tra le quali la più imporante si chiama “Andersen” – il nome giusto, no, per una rivista che si occupa di letteratura per bambini? –, una rivista mensile. Tutti i mesi presentano riviste di tutto il mondo e una volta c’era un editoriale su “Quatrogatos”, così sono andata a vedere il sito web e ho scoperto un mondo molto interessante. Come servizi web e portali l’Argentina ha moltissimo. Persino molte delle informazione che ho avuto sulla letteratura peruviana, prima di venire, le ho avute attraverso i portali argentini. Per quanto riguarda l’Italia, invece, abbiamo varie riviste: “Pepe verde”, “Andersen”, “LG Argomenti”, “Pagine Giovani”ecc.”. Il meglio che abbiamo come critica letteraria è “Liber”, in cui si trovano tutti i dati relativi al mercato editoriale italiano e anche tutte le informazioni relative a festival, incontri in biblioteca e gli eventi più importanti. In Europa ci sono fiere internazionali del libro per bambini, come quella di Bologna. Il mercato in Europa è così grande, c’è così tanta domanda? Sì, è molto grande. Forse in Italia è meno vitale che nel resto d’Europa, a parte il Portogallo e la Grecia, perché – per esempio – da un bel po’ la Spagna ci ha superato. Però se facciamo il confronto con il Perù noi siamo più avanti, però non riusciamo ad aumentare la percentuale dei lettori. C’è un mercato ben assestato, questo sì, e molti nuovi investimenti nel settore: la prova è che negli ultimi dieci anni sono nate nuove case editrici. Si sa che una nuova casa editrice non si crea se non c’è guadagno. Questo è un buon segnale. Nel resto d’Europa le cose vanno anche meglio, il mercato è molto ricco, movimentato, interessante, e soprattutto ha delle entrate molto importanti. Passando in rassegna i titoli per bambini, mi sono accorto che il tema della biblioteca è molto utilizzato dagli autori della letteratura infantile. María Fernanda Buhigas con Huelga en la biblioteca (1988) (Sciopero in biblioteca), Ambrosio Borsani con Duello in biblioteca Josteine Gaarder con Lilli de Libris e la biblioteca magica (2001), e lei, Anna Lavatelli con Chi ha incendiato la biblioteca?. Questi quattro sono solo alcuni esempi. Perché questa enfasi sul tema della biblioteca con i bambini? Perché l’idea di fondo è fargli scoprire la magia della biblioteca, e un racconto è la miglior maniera per dirgli che è un posto realmente magico, pieno di storie bellissime. La stessa biblioteca può essere un luogo magico in sé. È l’amore per i libri che fa sì che molti autori scrivano sui bibliotecari e sulle biblioteche. Inizialmente potrebbe sembra un tema che si esaurisce molto rapidamente. No, non è così. Pensa che in Italia avevamo una collana – dove ho pubblicato Chi ha incendiato la biblioteca? – dove la biblioteca era l’argomento obbligato, cosicché l’autore doveva scrivere qualcosa che avesse come protagonista la biblioteca. Uscirono parecchi libri e la collana ebbe successo. Cosicché a volte succede questo: ci sono biblioteche che cercano di lanciare l’amore per la lettura, l’amore per il libro, e pensano che un buon punto di partenza possa essere un libro che presenti il tema della biblioteca in narrazione, in forma divertente, allegra, come un racconto qualsiasi. Perché quello per loro è un buon punto di partenza per far amare i libri, cioè preparare dei programmi in biblioteca perché i bambini imparino a conoscerla attraverso i libri, e da lì tornino ancora in biblioteca, che è ciò che si vuole. Qualcuno dei libri di Anna Lavatelli è già diventato lettura obbligatoria nelle scuole? Per fortuna no, eh eh eh… Eh, eh… Per fortuna no, ripeto. Perché una delle cose che ho sempre sperato che non succedesse era proprio questo, che qualcuno dei miei racconti diventasse qualcosa di obbligatorio da leggere. E, peggio ancora, che ci fossero alla fine delle domande come compito. “Che cosa hai capito del racconto?” “Che cosa vuole insegnarti l’autore?” Per favore no, questo no. Quello che succede è che nelle scuole dove c’è una biblioteca i miei libri entrano, però a volte chiacchiero con gli insegnati, le maestre nelle biblioteche, nelle scuole e dico loro: “Non è possibile che nella formazione del piacere di leggere un libro solamente possa incontrare il favore di tutti i bambini. È impossibile. Perciò non scegliete mai un libro unico”. Se devo insegnargli la lingua, di sicuro ho bisogno di un libro unico perché con questo gli insegno la grammatica e tutto quello che serve per parlare bene una lingua. È imprescindibile. Però se voglio trasmettere l’amore per la lettura, allora devo agire diversamente. Bisogna fare una piccola biblioteca nella scuola o nella classe, presentargli libri di autori differenti, o miei libri con titoli diversi, cosicché ognuno possa scegliere il suo. È quello che fanno tutti i lettori. Un lettore adulto che ama la lettura si crea la propria biblioteca. Questo è un tema molto importante. E vedo che le persone che ci lavorano lo hanno capito molto bene. Bisogna separare le due cose: una cosa è insegnare la lingua, altro è far nascere l’amore per la lettura. E l’amore non si può far nascere con un libro solo, obbligando a leggere qualcosa, o peggio ancora obbligando a fare dei compiti. Deve essere una libera scelta. Deve iniziare dall’adulto che legga qualcosa ad alta voce. Gli adulti, i genitori, i maestri, i professori, devono mostrarsi amanti della lettura, perché è così che funziona. Se invece facciamo leggere un racconto per forza e obblighiamo i bambini a dare risposte, alla fine, quando il bambino esce dalla scuola non vuole più leggere perché il ricordo della lettura per lui equivale al pensiero di compiti, lavoro. Di valutazione. Di valutazione, esatto. Dobbiamo fare il contrario, lasciargli un buon ricordo della lettura. Con quale opera letteraria per bambini dovrebbero cominciare i genitori ad attrarre i bambini al mondo della lettura? È una domanda difficile perché prima di tutto bisognerebbe abituare i genitori ad andare nelle biblioteche, a portare i bambini nelle biblioteche, nelle librerie, e non fare l’errore che fanno molti, cioè leggere ai propri figli i libri i loro libri d’infanzia, perché il mondo cambia. Anche il modo di raccontare sta cambiando e il libro che io leggevo a 9-10 anni adesso è un libro che può essere interessante per giovani di 12-13 anni perché – per esempio, (il Nobel della Letteratura del 1907, Ruyard) Kipling o (lo scozzese Robert Louis) Stevenson – sono autori che noi leggevamo da bambini, però adesso lo leggono i giovani perché la narrazione è fatta con un linguaggio antico, e prima di arrivare ad essi bisogna fare delle tappe. Quindi sarebbe bello se i genitori e i professori si interessassero di quello che offre la letteratura infantile di oggi, che leggano e scelgano quello che viene pubblicato ora. Quale delle opere di Anna Lavatelli ha avuto maggior successo tra i bambini? L’opera che fino ad oggi ha venduto di più e ha avuto anche successo nel senso che è stato molto apprezzata dalla critica s’intitola Tutti per una e l’altra che sta avendo lo stesso apprezzamento – è uscita da poco, cosicché non ha ancora avuto fino ad ora un successo così grande in termini di vendite però l’ha ottenuto a livello di critica – è Bimbambel. È un racconto per bambini piccoli in cui un papà racconta storie della buonanotte. Ho pensato a un papà, perché normalmente sono le mamme a raccontare le storie. Bisogna cambiare questa idea che solo la mamma può, anche il papà può. Il mio protagonista racconta storie meravigliose a suo figlio, e sono le avventure del suo lavoro. È un papà che viaggia molto in giro per il mondo, torna a casa e gli racconta quello che fa, però non gli racconta la realtà, gli racconta cose fantasiose e trasforma la sua vita professionale in quella di un eroe meraviglioso che fa cosa incredibilmente coraggiose e belle, perché così pensiamo (e vogliamo) che siano i nostri genitori: eroi, persone speciali. Che età hanno i suoi principali lettori? La maggioranza dagli 8 agli 11 anni. Per questa parte di giovani ho scritto la maggioranza dei miei racconti. Quale dei suoi libri le sta più a cuore? Tutti i libri sono come dei figli, difficile scegliere il più amato. A volte i bambini mi fanno la stessa domanda e gli dico: è come se avessi 10 figli e mi chiedessero chi tra di essi è il mio… Naturalmente tutti. Però ce n’è uno che mi sembra più importante, Faccia di Maiale, che tratta il tema di ciò che è la letteratura giovanile: un bambino fa una birichinata e da solo si accorge di aver fatto una cosa sbagliata. Però cerca di risolvere la cosa da solo, senza l’aiuto degli adulti e con un po’ di magia. O meglio, lui crede che sia di mezzo la magia. In realtà è il puro svilupparsi delle cose. Solo che il bambino confonde quello che succede per caso con qualcosa di magico. E questo mi è venuto molto bene (sorride). Che bello. Molte grazie per l’intervista. Speriamo che nei prossimi anni venga ancora, perché continui insegnando quello che conosce, tutta la sua carriera nel mondo della letteratura infantile, agli autori peruviani. Certo. La mia più grande speranza adesso è riuscire ad avere un libro tradotto in spagnolo. Spero che succeda, così potrei incontrare i bambini e leggere loro le mie storie. Molte grazie. A lei. Gianmarco Farfán Cerdán Appunti per il convegno sulla letteratura giovanile tenutosi nell’Istituto Magistrale Contessa Tornelli Bellini di Novara nel corso della manifestazione ‘Settimana del libro’ 2002. Relatrici Anna Lavatelli – Anna Vivarelli A- ascoltare i bambini
La letteratura per bambini e ragazzi,
lo abbiamo visto, è un universo praticamente infinito. dai classici alle
novità che vengono pubblicate a ritmi vertiginosi. Ma chi sceglie cosa
pubblicare o cosa ripubblicare? Gli adulti. Chi sceglie cosa acquistare?
Quasi sempre insegnanti o genitori, dunque adulti. Chi sceglie i testi
della lettura vicariale, in classe o a casa? Adulti e ancora adulti. E
naturalmente sono gli adulti a scrivere per i bambini. Ovvietà queste. E
necessità. Ma forse sarebbe meglio riflettere un pochino sul fatto,
ovvio appunto, che nel campo della letteratura per bambini i bambini
sono gli ultimi anelli di una catena. Certo, si potrebbe obiettare che
lo scrittore per bambini mentre scrive “pensa” ai bambini, e lo stesso
fanno editori, distributori, librai, insegnanti, bibliotecari eccetera.
Ma non è proprio così. Esistono delle gabbie, visibili o invisibili,
entro cui spesso operano gli addetti ai lavori, autori compresi. Queste
gabbie sono costituite, a mio parere, da idee preconcette che ruotano
più o meno tutte su un unico grande dogma: il libro come oggetto di
educazione, come veicolo di valori. E questi valori, ovviamente, sono
valori ADULTI. Molta strada è stata fatta, e ne abbiamo già parlato. Il
bambino ormai è, o dovrebbe essere, SOGGETTO e non più OGGETTO. Ma siamo
sicuri di aver raggiunto il vero traguardo, che è appunto quello di
ASCOLTARE I BAMBINI? Butto lì qualche piccolo seme di provocazione: la
più grande fiera internazionale della letteratura per ragazzi in Italia,
non prevede i bambini, e per certi versi non prevede nemmeno gli autori
per bambini. Non voglio sconfinare nella pedagogia e nella sociologia:
non è il mio lavoro. Ma come persona che “si occupa” di bambini, so che
i bambini, per molti versi, sono un mondo a parte. E poiché il loro è un
mondo da cui sono destinati ad uscire presto, troppo spesso si
pensa ai bambini come esseri “provvisori”, “non ancora adulti”. B - biblioteche
A partire dagli anni 80 il
profilo delle biblioteche è andato cambiando, soprattutto nel settore
della letteratura per bambini. La trasformazione consiste in questo:
dalla custodia del libro ai progetti per la diffusione della lettura.
C - classici
Che cos’è un classico? Secondo Italo
Calvino è un libro che si rilegge sempre volentieri, una provocazione
utile a liberarci da ogni pregiudizio critico. D - Roald Dahl Appunti a parte (qualche data, qualche titolo e riferimento al “politicamente scorretto” (i libri di Dahl accusati di eccessiva violenza). Dahl si riconnette alla tradizione “horror” della fiaba e del racconto fantastico. Geniale nell’intuire cosa piace ascoltare ai bambini. E - editori
(accennare ad una breve lista dei
principali editori per ragazzi, e al fatto che si afferma sempre di più
una tendenza a dividere le pubblicazioni per Collane a tema, come se ci
fosse l’esigenza di indirizzare e aiutare non solo i lettori, ma
ovviamente, trattandosi di ragazzi e bambini, soprattutto genitori e
insegnanti) F - fiere e festival
La più importante in Italia è la
Fiera Internazionale del Libro per Ragazzi, che si tiene a
Bologna in aprile. Vi partecipano espositori da tutto il mondo
ed ospita una delle più importanti mostre di illustratori (vedi I
- illustratori). In contemporanea si tengono convegni, conferenze ed
eventi dedicati alla letteratura infantile. Fino a qualche anno fa, la
fiera era aperta a tutti, oggi l’ingresso è riservato ai soli operatori.
E’ qui che le case editrici si incontrano per acquistare e vendere
titoli e collane. G - genesi: le origini della letteratura infantile
(appunti) I - Illustratori L’Illustrazione per bambini è un capitolo a parte: è un mondo quasi infinito, che tocca l’Italia ma anche paesi lontanissimi. Si parla di stili diversissimi, di scuole, di mode, di tempi.... Ci vorrebbe gente più esperta di noi, e forse un incontro specifico. I - ispirazione - invenzione - immaginazione tre citazioni su cui riflettere....
(appunti) J - JUNIOR
Qui a Novara si dice ‘ junior’ e si
pensa ‘Interlinea’. H - Harry Potter (io ne parlerei bene, però....) Vediamo se c’è tempo! L - lettura
Adesso
va di moda quella vicariale. Che sarebbe poi quando un altro legge per
te, ad alta voce. Con affetto, se sono dei genitori. Con calore di
appassionato lettore, se sono degli insegnanti o dei bibliotecari. M - morale o messaggio
la
letteratura giovanile contemporanea si è affrancata dalle catene
dell’educazione ai cosiddetti ‘insegnamenti pedadogici’ (vedi alla voce
R - Rodari) e si preoccupa piuttosto di raccontare delle
buone storie. N - narrare, ovvero perché ci piace raccontare storie.
Io:
mi piace raccontare perché mi piace raccontare. Lo so che suona
tautologico e poco chiarificatore, ma è così che mi succede. Vediamo se
Anna Vivarelli condivide. P - Politicamente corretto
Alla
lettera P, accenniamo al politically correct, che imperversa in ogni
campo, dalla letteratura al cinema. Io non ho affatto capito di che si
tratti. Forse perché scrivo libri per bambini e non faccio l’editore.
Parlando con Anna, abbiamo discusso spesso su questo tema, perché nei
rapporti con gli editori, esso ci ha toccate spesso personalmente. Per
quel che ho potuto capire, il “politicamente corretto” va molto di
moda. Nel nostro specifico può consistere talvolta nel depurare ed
epurare i testi per bambini da riferimenti a prodotti dannosi (il fumo,
l’alcool e le droghe) a meno che questi stessi prodotti non siano
presentati appunto come dannosi. Inoltre, recentemente, ho parlato con
un altro scrittore, che ha subito critiche perché ha scritto un giallo
per ragazzi ambientato in una scuola e gli insegnanti venivano
“maltrattati” dall’autore. Un altro scrittore italiano ha visto
eliminare dal catalogo un suo testo perché l’amicizia fra due ragazzi
(maschi) poteva far pensare ad un’omosessualità latente. Io stessa ho
discusso con una insegnante perché in un testo per bambini di sei-otto
anni, ho usato espressioni come “ti ammazzerei”, considerate
eccessivamente violente. Non entro nel merito della questione: mi limito
ad esporla. Il polically correct è probabilmente una questione che
rientra in un ambito soggettivo: ogni tentativo di generalizzarla porta
con sé il rischio di una censura. Lasciamo quindi aperta la discussione.
R - Rodari Gianni
In
Italia, il conflitto tra fantasia ed educazione
era cominciato con il Pinocchio di Collodi. S - Scegliere i libri Tutto si ricollega: dal bambino Soggetto, alla Scelta dei libri. Per tutto ciò che abbiamo detto, la scelta dei libri dovrebbe essere un riappropriarsi, da parte del bambino, della sua autonomia di lettore. Utopia? Forse. Ma non è questa la tendenza ad esempio di alcuni premi letterari per ragazzi che sono affidati a giurie composte da bambini e non solo da “esperti del ramo”? T - Tecnica della scrittura
Questo
è un tema fondamentale, che richiederebbe un discorso a sé. Qui mi
ricollego invece al tema già accennato della Narrazione. E mi spiego.
Uno scrittore scrive per assolvere, come si è detto, ad una specie di
bisogno impellente, intriso di una certa dose di presunzione: scrive
cioè per comunicare ciò che ha da dire e crede, ovviamente, che ciò che
ha da dire possa interessare a qualcun altro, vale a dire ad un
ipotetico lettore. Non si scrive per se stessi (se non la lista per la
spesa e forse il proprio diario). Chi scrive esige, nell’atto stesso
della scrittura, qualcuno che legge. Abbiamo parlato di invenzione,
immaginazione, ispirazione, tutti ingredienti indispensabili, anche se
gli scrittori tendono a volte a farne una mistica. Ma la scrittura
(ogni scrittore lo sa bene) è anche TECNICA. Lo scrittore narra in modo
COSTRUITO. L’abilità della scrittura consiste (sto provocando) nel far
passare la costruzione per flusso dettato dall’ispirazione, nascondendo
il più possibile la tecnica. U - utilità (della lettura)
A cosa
serve leggere? La risposta è: a niente. E non mettetevi a ridere, perché
mica l’ha detto uno qualunque. L’ha scritto Beniamino Placido
su Repubblica (25.02.’96): ‘La lettura...non fa ricrescere i capelli
. Non fa diventare né più alti né più belli. Non fa aumentare lo
stipendio.’. Un libro aiuta a passare il tempo - insiste il famoso
critico - a vivere un po’ di più, un po’ meglio.
DOVE SI NASCONDONO LE STORIE
Il più delle volte sono le
storie che vanno a cercare lo scrittore. Arrivano di soppiatto,
con la prudenza dei gatti randagi, e si fanno conoscere un poco alla
volta. Oppure gli si parano davanti all'improvviso, come un cane
sbucato fuori da un cancello, e pretendono subito tutta la sua
attenzione. Anna Lavatelli nota: il libro cui si fa riferimento è: Fantasmi al teatro Coccia, Interlinea edizioni, Novara 1993. Qualche consiglio di scrittura per cimentarvi nel concorso.
1) Vicino è bello.
2) Tutto fa brodo.
3) Questo lo faccio dopo
(forse).
4) Pronto? Chi sei?
5)
Aiuto, mi sono perso...
6)
Ma quanto parli! Filo diretto con i miei lettori Cara signora Anna Lavatelli, stiamo facendo un’intervista per il nostro giornale, l’argomento è la lettura e abbiamo scelto lei come soggetto per rispondere ad alcune domande. E’ pronta? Bene, allora ci dica: quale è il libro più bello che ha scritto? Non so se c'è un libro più bello, questa è una domanda che giro ai miei lettori. Chi scrive giudica 'belli' tutti i suoi libri, nel senso che per ciascuno trova qualche bellezza 'speciale', un po' come succede a una mamma con i suoi figli. Naturalmente però c'è il 'più coccolato', che è quello... appena venuto al mondo. Per me, adesso, è 'Ossi di dinosauro' (Battello a vapore). Quale è il libro più bello che ha letto ultimamente? Se parliamo di libri per ragazzi, il titolo è 'Al di là del mare', di Osvaldo Soriano, che è la storia un po' magica di un ragazzo argentino, emigrato a Parigi con la sua famiglia, per motivi politici. Il ricordo e il desiderio della patria lontana gli verranno insegnati dal suo amico gatto. Se invece parliamo di libri per adulti, il titolo è 'Sostiene Pereira' di Antonio Tabucchi, la storia di un anziano giornalista che ritrova la volontà di opporsi all'ingiustizia dopo che la polizia politica ha crudelmente ucciso un suo giovane collaboratore. Quale è il libro le è piaciuto di meno? A me non piacciono _ in generale _ i libri seriali, cioè quei libri che appartengono a una serie ripetitiva di storie. Li trovo noiosi e stupidi. E purtroppo ce ne sono tanti, in tutte le maggiori case editrici d'Italia! Un consiglio che vi do, anche se non c'è questa domanda nella vostra intervista, è di diffidare dei libri 'in serie'. Sono operazioni commerciali per vendere, non per offrire belle storie ai ragazzi. Quando era piccola c'era qualcuno che leggeva per lei? Il mio papà ha letto tanto per me. E spesso le storie me le ha anche cantate, accompagnandosi con la chitarra. Sono stati i momenti più belli della mia infanzia. Si ricorda qualche libro della sua infanzia? Quali erano? 'Pinocchio', che però non ho mai letto, perché me lo leggeva e cantava il mio papà. Poi ricordo le 'Novelle meravigliose' dei fratelli Grimm, sulla cui copertina c'era un enorme drago volante, 'Capitani coraggiosi' di Kipling e 'I ragazzi della via Paal' di Molnar. Ma anche una 'Piccola principessa', di cui non so più chi fosse l'autore (ma che mi ha fatto tanto piangere!) e il divertentissimo 'Giornalino di Gianburrasca'. Quale era il suo sogno da piccola? Volevo fare la burattinaia. Forse, se fossi nata a Napoli, sarebbe stato più facile. Ma qui, nella pianura padana, è rimasto un sogno. Come deve essere lo stile di un libro per piacerle? Direi... naturale. Più ho l'impressione che l'autore sia stato lì a cercare il modo più difficile per esprimersi, più il libro mi sembra solo uno 'show' di bravura, e non mi attira più. La storia che si racconta è di gran lunga più importante delle parole che si usano per raccontarla (secondo me). E questo vale sia nei libri per bambini che nei libri per adulti (sempre secondo me...). Quale è lo stile dei libri che le piace scrivere? Mi sforzo di scrivere in modo naturale, il perché ve l'ho appena spiegato. In genere 'ascolto' la storia che devo raccontare: le storie nascono e crescono con un loro ritmo, dentro di noi. Riconoscere ed assecondare questo ritmo, ecco il mio stile, o meglio il mio obiettivo. Perché non lo so, se ci riesco sempre... da
‘Amicolibro’ il ‘giornalibro’ della classe V Divertirsi leggendo? Quando
scegliamo un libro per i nostri ragazzi dobbiamo operare con estrema
oculatezza.
Sicuramente la prima regola è scegliere un libro capace di stimolare la
fantasia del bambino, capace di interessarlo e di proporgli dei
contenuti che siano per lui importanti e condivisibili. La seconda non è di carattere contenutistico: riguarda l'importanza della situazione in cui leggiamo, l'ambiente, la creazione dell'atmosfera adatta alla lettura, si tratta di un elemento importantissimo per la recezione di quello che si legge. Sono
fattori che possono apparire esterni alla scelta di un libro, ma sono
invece elementi altamente significativi, per la riuscita del lavoro che
ci proponiamo. Non solo parole
Bisognerebbe pensare all'animazione anche in una versione corporea,
musicale, gestuale, non soltanto legata all'esperienza della parola,
pensare a qualche attività che coinvolga fisicamente le persone. dal "
Testo della Conferenza" del 14 Settembre 1999 Rodari mon amour Quando
mi incontrano come autrice, spesso i bambini mi chiedono quale sia il
mio modello di scrittore. Io rispondo subito: "Gianni Rodari" e con
orgoglio aggiungo "che è nato nella mia stessa terra" La centralità del bambino, la fertilità dei punti di vista alternativi, il ruolo della provocazione e dell'ironia, la valenza positiva del gioco e del riso, il dialogo continuo tra fantasia e realtà sono stati le linee di forza del pensiero rodariano e contemporaneamente il punto da cui si dipartono i nuovi sentieri lungo i quali viaggia la narrativa contemporanea per ragazzi. Ai bambini lo spiego con parole più semplici, anzi con le parole stesse di Rodari, leggendo la storia della strada che non portava in nessun posto, dove Martino Testadura è in fondo lo stesso Rodari, il tesoro scoperto le regole della "grammatica della fantasia" e i delusi imitatori sono tutti i suoi sterili epigoni.Dico tutte queste cose nelle scuole e lo ripeto a voi adesso perchè anch'io come S. Paolo sono stata fulminata sulla strada di Damasco da un lampo di luce improvvisa.Non ho cambiato vita, o almeno non in quel senso, ma il modo di scrivere sì, e per sempre. Correva
l'anno 1978, ero fresca di studi universitari, cominciavo a fare qualche
supplenza e - horribili dictu - non sapevo quasi niente di letteratura
giovanile ( quel poco che mi valeva, erano i ricordi, da "Pinocchio" a
"Capitani coraggiosi"). Però mi piaceva inventare storie e già mi ero
cimentata in qualche timido tentativo. Ne erano venute fuori delle
fiabe: credo che anche quel brav'uomo di Renzo Pezzani le avrebbe
trovate un po' troppo dolciastre per il suo gusto. Mi sarebbe piaciuto dirglielo un grazie a Gianni Rodari, per quella sua scossa fantastica ( a proposito lo sapete che anagrammando Rodari trovate "ardori"? )e io ardevo appunto dal desiderio di vederlo di persona. Avevo già mosso alcuni passi per venirlo a conoscere qui sul lago durante uno dei suoi soggiorni. Ma poco prima gli accadde lo stesso della signorina Filomena, che Senza
alcun sospetto Se da lassù mi guarda, con gli occhiali o senza, glielo voglio dire adesso un grazie al favoloso Gianni. E' a partire dai suoi libri che ho cominciato a scrivere qualcosa di buono. E un grazie va anche al suo lago incantevole e incantato che non si dimentica di lui. Dagli
Atti del Convegno su Rodari " Il barone e il ragioniere" "Luca e i suoi amici" ed Piemme Libro di testo per l'insegnamento della lettura e per l'educazione linguistica nel 1° ciclo Nel 1996 " Luca e i suoi amici" è nato con le caratteristiche di una proposta nuova, adatta a chi vuole fare scuola su serio e perseguire l'obiettivo di far amare ai bambini la lettura fin dal primo momento in cui la si propone loro. Di" Luca e i suoi amici"sono piaciuti agli insegnanti alcuni elementi innovativi:
Nel 1997 " Luca e i suoi amici" viene di nuovo sottoposto all'attenzione degli insegnanti, arricchito di tutte le loro valutazioni. In particolare:
Ora " Luca e i suoi amici"
per il primo ciclo è un testo sempre innovativo nella sua concezione
didattica, ma anche più facile da usare a ancora più coinvolgente per i
bambini che lo useranno. da "
Leggendo leggendo" La letteratura per ragazzi vista dagli autori Quando ha incominciato a scrivere letteratura per ragazzi ? Che cosa l'ha spinta a compiere il passo ? I miei
primi timidi tentativi ( molto ingenui, per la verità ) risalgono al
1979. La letteratura per ragazzi può parlare di tutto o ci sono argomenti da escludere? Da
escludere sarebbero, a mio parere, quei libri che non rispettano il
diritto di un bambino ad essere tale, che introducono forzatamente una
dimensione "adulta" dell'esistere, magari in nome dell'anticonformismo e
della cosiddetta modernità. Quali sono le difficoltà principali incontrate nel suo lavoro? La
difficoltà maggiore consiste per me nella scelta del ritmo narrativo.Cerco
di pensare al tipo di lettore a cui mi sto rivolgendo, al genere di
storia che ho in mente di raccontare, all'ambiente in cui si svolge. E'
un po' come stare ad ascoltare le prime note di una musica per capire se
si deve ballare la samba oppure un valzer. Come vede il futuro della letteratura infantile in Italia?
Soprattutto qui da noi, in Italia, la letteratura per ragazzi è ancora
considerata di serie B.Questo mi induce a ben sperare per il futuro.
Indietro non si torna, giusto ? Quindi dovremo per forza progredire. Ha
partecipato a " Incontri con l'autore" organizzati da scuole e
biblioteche? Ho partecipato sovente ai cosiddetti " Incontri con l'autore ". E' un momento molto importante, uno scambio intenso e reciproco di emozioni e di idee. Per i ragazzi è un'esperienza " forte ", che li invoglia a leggere di più. Per l'autore è, nello stesso tempo, un'occasione di verifica del proprio lavoro e un'iniezione di energia. In genere ne usciamo tutti - ragazzi e adulti - stravolti e sovreccitati, come se la nostra squadra avesse vinto una partita importante.
Intervista curata da M.Bastanzetti Cari
genitori Quanto di Anna Lavatelli bambina e di Anna Lavatelli mamma troviamo nel libro? " Tutte
e due. Scrivere questo libro è stato difficile perchè mi ha costretta ad
una revisione personale. Ci sono molti aspetti delle mie reazioni
infantili, anche se non legati alla vicenda. Delle microesperienze
soprattutto di solitudine. Non ho sofferto per mancanza di affetto, ma
per isolamento.Il mio paese,Cameri, era una "morte" quando ero bambina,
negli anni'60. Quanto le è servita l'osservazione dei suoi alunni nella scuola media"Don Gnocchi" di Turbigo (Milano)? "Da una
parte mi è servita molto per trovare un linguaggio credibile:sentirli
parlare mi ha permesso di costruire dialoghi efficaci.Un libro per
ragazzi deve avere una credibilità linguistica.E poi la classe offre
continuamente materiale: confessioni ch Come è nato il libro? "Dal classico sogno nel cassetto. Quattro o cinque anni fa avevo letto sulle pagine milanesi del "Corriere della Sera" un trafiletto dal titolo Quel fantasma di nonno Salvatore: secondo un bambino il fantasma del nonno cercava di rimettere insieme i genitori separati attraverso scherzi soprannaturali. Da quell'episodio volevo trarre una storia comica, ma quando anni dopo ho cominciato a lavorarci mi sono accorta che avevo davanti agli occhi troppe storie di ragazzi con genitori separati e non potevo scherzare con un problema così serio." L'incomunicabilità fra Paola e i genitori sembra dovuta non a differenze generazionali, ma alla mancanza di tempo... "E'
proprio così. E' questa la novità della nostra società.
L'incomunicabilità non è più Lei scrive nel libro: "Paola si sente come la mamma la sta vedendo: uno zero perfetto" "Esatto. Quando poi ho chiesto a chi confidano le proprie angosce e tristezze. è emersa la figura dei nonni.Come mai? Perchè i nonni non ridono, non minimizzano, non giudicano, non prendono sul serio...insomma hanno tempo per ascoltare." Il
libro allora si rivolge anche ai...
da " La cronaca di Verona"
Perché ho deciso di raccontare storie Perché scrive e quando ha iniziato a scrivere? Ad un
certo punto della mia vita mi sono guardata attorno e ho sentito che
avevo qualcosa da dire e così ho cominciato a scrivere delle storie. Non
si può spiegare come si comincia, è una cosa strana. Di colpo uno
si siede lì a tavolino e dice: oggi voglio raccontare questa storia. Non
si pensa neanche a diventare scrittori, si pensa solo a raccontare,
anche se dopo quel che si è scritto si mette nel cassetto. Si comincia
così e poi si va avanti. Si parte a scrivere con entusiasmo anche se non
sono tutte rose e fiori e ci sono dei momenti di crisi. Pensa che in futuro la sua " biblioteca galattica" potrà diventare realtà? A me
piace il libro tradizionale da sfogliare pezzo per pezzo, mi piace
girare le pagine, Perché scrive per bambini? Perché
mi piacciono le storie a lieto fine e di solito le storie per bambini
non finiscono mai male, perché i cattivi vengono sempre castigati. da " La voce dei Berici" 26 Maggio 1991 |
|
Intervista-tipo per Tesi di Laurea Domande:
1)
Cosa significa per uno scrittore mettersi
in piazza? Risponde: Anna Lavatelli
Innanzitutto, va tenuto
conto che parlo come scrittrice per bambini. Con questo voglio
sottolineare subito che nel mio lavoro trovo implicito un
coinvolgimento in prima persona sul piano pratico: non posso occuparmi
solo di fare letteratura (per l’infanzia) ma devo attivarmi affinché che
i bambini scoprano il piacere di leggere. Dunque l’incontro tra autore e
lettore fuori dal libro non può non interessarmi profondamente, anche
per ragioni di tipo pedagogico. |
|
1. |
A me piace
il contatto con le persone, mi piace leggere ad alta voce un racconto,
mi piace animare la lettura. Mettermi in piazza significa soprattutto
pensare come rendere più interessante l’incontro, inventarmi ogni volta
una piccola sorpresa da proporre a chi mi ascolta per catturare la sua
attenzione, per renderlo partecipe dell’evento e, possibilmente, per
fargli passare un’ora in piacevole compagnia con me e con le mie storie. |
2. |
I bambini,
per fortuna, non mitizzano lo scrittore. E’ più facile che mitizzino un
personaggio di un libro ( Harry Potter), o una collana (I Piccoli
Brividi, Stilton, ecc.). Il rischio per noi è piuttosto la
spettacolarizzazione improduttiva. Mi spiego: si fa un bell’incontro,
tutti si divertono come matti, ma poi nessuno compra libri, né inizia un
percorso di letture, a scuola o in biblioteca. La cosa muore lì, e
l’evento è stato dunque un vero fiasco, sul piano della promozione della
lettura. |
3-4. |
A differenza dello
scrittore per adulti, credo che allo scrittore per ragazzi sia richiesta
una buona capacità di intrattenimento durante gli incontri. Perché è
questo che conta, prima di tutto, nel giudizio di un bambino. Solo un
adulto-forte-lettore può accettare che uno scrittore amatissimo
sia poco attrattivo (nel tono di voce, nel modo di fare…) anche
quando dice cose molto interessanti e profonde. Un bambino no. Non so
quindi se un incontro possa avere effetti retroattivi di carattere
cognitivo (es. servire a cogliere in profondità il senso di un
racconto), certo ne ha nello stabilire un legame affettivo con l’autore
del libro che si ama. La delusione viene quindi dalla noia che
l’incontro può produrre: ecco perché bisogna prepararlo bene, da questo
punto di vista non è mai abbastanza presa sul serio la fase di
programmazione, dove l’autore collabora con i bibliotecari (e/o gli
insegnanti) per progettare un percorso di letture e di attività che
creino attesa e aspettative intorno all’evento. |
5. |
Può darsi che chi sceglie
dallo scaffale faccia una scelta più ponderata e chi sceglie dopo un
incontro con l’autore obbedisca invece ad una spinta emotiva. Questa
però è la mia risposta di lettrice. Mi mancano i riscontri per fare
valutazioni di tipo generale. |
6. |
Non in modo sistematico. Lo scrittore fa lo scrittore e ogni tanto anche il promotore dei suoi libri. Il tipo di mercato che ci troviamo di fronte è molto peculiare: il lettore è un consumatore sui generis e il libro è una merce molto delicata, questo non bisogna mai dimenticarlo. Preciso meglio: ritengo perfettamente normale che chi dedica il proprio tempo ai libri (editori, scrittori, librai) intenda farne una fonte di guadagno. Ma se l’autore entra, per così dire, fino in fondo nel meccanismo produttivo, credo che questo non avvenga senza un tradimento profondo della sua stessa vocazione alla scrittura. Basta guardarsi intorno e considerare certe operazioni di marketing in cui lo scrittore (per bambini e per adulti) e/o i personaggi da lui creati diventano veri e propri prodotti di consumo (con gadget, pubblicità, etc…). Questo non aiuta a crescere, né i lettori, né la letteratura, né la cultura generale di un paese, in quanto si tratta di fenomeni che per lo più sottraggono fette di mercato agli altri titoli, anziché aggiungersi ad essi. Ma non si può certo tornare alla letteratura elitaria, che è altrettanto sbagliata: bisogna piuttosto formare lettori più attenti e consapevoli, e creare più attenzione critica molto più agguerrita – da parte degli utenti - intorno all’oggetto libro. |
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