All’osteria con
Pinocchio, ovvero le storie da mangiare. a cura di Anna Lavatelli
Dal piacere di mangiare bene! Adoro la buona cucina, sono una discreta cuoca, leggo libri di ricette e spesso i miei ricordi di viaggio seguono la mappa dei ristoranti e dei piatti che ho gustato. Mia madre cucinava splendidamente, aveva libri e riviste di cucina ovunque (La cucina Italiana, in primis...) e questo imprinting mi ha condizionata parecchio. Ma anche il fatto che mio marito a tavola sia molto esigente ha contribuito...
Non è comunque insolito trovare, anche in altri tuoi libri, descrizioni dettagliate di pranzi e cene. In base a quali fattori decidi sia il caso di narrare cosa mangiano i protagonisti delle tue storie? Ritieni che l’argomento interessi un giovane lettore? Non in modo diretto. L’argomento deve essere inserito nella narrazione in modo quasi subdolo. Non mi dispiace l’idea di mostrare ai ragazzi che, in un mondo in cui si mangia sempre peggio e il palato subisce quotidianamente violenza, la tavola può essere fonte di piacere né più né meno della musica, della lettura, di un bel panorama... Ma credo che questo discorso vada affrontato indirettamente, passando attraverso i personaggi, la storia, l’avventura. Quello del cibo è sicuramente un tema più estraneo di altri alla sensibilità dei ragazzi, e va trattato con delicatezza: dev’essere sfizioso, se mi passi l’aggettivo. Tra la cucina e la letteratura non è difficile trovare analogie, quando si parla "gusto". Come autrice – ma anche come lettrice - ce n’è una per te particolarmente felice? Perché? La prima analogia - come lettrice - che mi viene in mente è che un libro che piace lo si divora, e in effetti quando ho tra le mani un romanzo che mi interessa e mi affascina, provo una sorta di golosità, di fame... Nella scrittura, poi, credo che sia importante, come in cucina, essere accurati nelle dosi, negli ingredienti, nell’accuratezza dei dettagli. Anche la letteratura ha le sue ricette, le sue regole e i suoi tempi di cottura: la sciatteria e la fretta sono deleterie in entrambi i casi. E sia in cucina che nella scrittura, amo sperimentare, inventare, rinnovarmi. Non sono un’autrice seriale, e neppure una cuoca abitudinaria... Per un autore che parla di cibo, a tuo giudizio, quanto conta la territorialità? Conta moltissimo. In un mio libro, che si intitola All’osteria con Pinocchio, ho scandagliato il capolavoro di Collodi dal punto di vista del cibo, e le corrispondenze gastronomiche con il celebre ricettario di Pellegrino Artusi, che di Collodi era conterraneo e contemporaneo, sono impressionanti. Del resto, ogni autore nasce, vive e lavora in un orizzonte che è fatto di paesaggi, di cultura e dunque anche di cibo. I miei personaggi rispecchiano anche in questo il mio modo di vedere il mondo, e credo che valga per ogni scrittore. Cosa preferisce mangiare una scrittrice piemontese come te? Sei più "conservatrice" o più "esploratrice"? Esploratrice, senza dubbio. Amo molto la cucina piemontese, ma sono per metà emiliana e quindi vado pazza per i tortellini e le lasagne. E in fatto di cibo sono incredibilmente curiosa: ovunque mi trovo, mi piace assaggiare cibi nuovi, scoprire le specialità locali, imparare nuove ricette e provare poi a riprodurle a casa. Non appartengo certo a quella categoria di viaggiatori che cercano gli spaghetti in Norvegia e la pizza in Guatemala...
Il caffè Fiorio sorgeva all’inizio della
contrada di Po: non appena la imboccò, Francesco si rese conto che una
grande agitazione regnava lungo entrambi lati della strada. Il freddo
era terribile, ma la gente, quasi tutti studenti della vicina
università, non se ne curava: a piccoli gruppi che velocemente si
formavano e si disfacevano per poi rimescolarsi, i giovani discutevano e
gridavano e si scambiavano informazioni. Francesco si infilò nella
bottega e faticosamente riuscì a conquistare un piccolo tavolo contro
una parete. Ordinò una tazza di caffè e cinque o sei dolcetti, poi vide
passare un cameriere con un vassoio pieno di grandi coppe di cristallo:
contenevano una crema giallo oro che emanava un profumo meraviglioso.
(Senza
nulla in cambio, San Paolo edizioni) |
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