secondo classificato
BABBO NATALE PER DUE
di Silvia Saldarini
Quell’anno lo ricorderò
sempre, fu forse il più bello della mia vita.
Un
po’ perché ero bambino e i bambini conoscono il segreto per rendere
speciali anche le giornate più grigie.
Un po’ perché avevo cambiato casa e
avevo conosciuto un amico vero, Giacomo. Ma soprattutto perché
quell’anno, che ci crediate o no, uno dei nostri più grandi sogni si era
avverato: Babbo Natale era arrivato due volte! Una a dicembre e una in
estate, se proprio volete i particolari.
Dovete sapere che la nostra storia è
ambientata molti anni fa, più di cinquanta, per capirci. Il mondo era
completamente diverso da ora. Chiudete gli occhi e provate ad
immaginare: niente televisione, niente videgiochi, niente automobili in
paese, niente cartoni animati in 3D. Riuscite ad immaginare un mondo
così?
Beh, noi
ci vivevamo e il momento non era di sicuro dei migliori. La guerra era
finita da poco e, anche se noi non l’avevamo conosciuta, la vedevamo
ancora riflessa sui volti dei nostri genitori. L’Italia era un po’ come
una persona dopo una brutta malattia, ci voleva tempo e pazienza per
“tornare in forma” e ristabilirsi.
Babbo Natale aveva deciso, sapendo che molti
non avevano lavoro, di assumere un centinaio di persone per farsi
aiutare nella preparazione dei giocattoli e dei doni per quell’anno.
Alle selezioni arrivarono in migliaia e Babbo
Natale si trovò subito in gran difficoltà.
“Cosa sa fare, gentile signora?”
“So cucire bambole e animali di stoffa”
“Certo ho bisogno di lei, la assumo”.
“Cosa sa fare, buon uomo?”
“So progettare e costruire aeroplanini”
“Certo ho bisogno di lei, la assumo”.
Ma anche:
“Cosa sa fare, signorina?”
“So cucinare delle ottime lasagne”
“Adoro le lasagne quando torno affamato la
notte di Natale, la assumo”.
E persino:
“Cosa sa fare simpatico signore?”
“Conosco un modo per far ridere le renne”
“Utilissimo, quella notte è così impegnativa
per loro… la assumo!”
A Babbo Natale non riuscì proprio di mandar
via nessuno: assunse 4768 persone tra uomini e donne, tra cui il bagnino
Giorgio Pieroni, la ballerina di flamenco Ines Ramira e un’intera
orchestra di percussioni che a suo dire avrebbe potuto scandire e
rallegrare il ritmo del lavoro.
Superati i primi giorni di caos e scarsa
organizzazione, l’enorme gruppo di lavoranti divenne una squadra seria
ed efficiente: dalle fabbriche provenivano rumori giorno e notte, era
tutto un tagliare, incollare, cucire, saldare, progettare, collaudare …
ogni sezione aveva i suoi precisi compiti e tutti lavoravano con impegno
e dedizione.
Forse anche troppo impegno e dedizione.
Il
14 aprile ci si rese conto di avere ultimato la preparazione di tutti i
giocattoli per i bambini di ogni angolo del mondo: i doni erano già
stati anche impacchettati e infiocchettati e giacevano, in perfetto
ordine alfabetico, negli enormi magazzini del paese.
“Che faremo ora?” si chiedevano tutti
un po’ spaventati. “Siamo stati assunti fino al 24 dicembre e non
abbiamo più lavoro!”
Babbo Natale, che forse non era un grande
imprenditore ma certo era un datore di lavoro serio, tranquillizzò
tutti:
“Siete
stati assunti fino al 24 dicembre e rispetteremo i contratti già
firmati, non preoccupatevi.”
Fu così che ci si dovette impegnare a trovare
nuove occupazioni per tutti. La prima settimana vennero organizzati due
corsi di cucina internazionale, un laboratorio di scrittura creativa a
tema natalizio, un torneo di ping pong e una gara di corsa con i sacchi
avanzati nei magazzini.
La seconda settimana venne proposta una
Tombola con i regali venuti non troppo bene, un concerto di musica folk,
un corso di Taglio e Cucito e una sagra della Porchetta, con tanto di
degustazioni di gruppo e lotteria finale.
La terza settimana Babbo Natale decise di
prendere in mano la situazione:
“Abbiamo lavorato intensamente fino a due
settimane fa, ci meritiamo una bella vacanza.” Con l’aiuto delle renne
tutti raggiunsero un tranquillo paesino sul mare e lì si dedicarono
all’ozio totale, al sole e alle passeggiate.
Ma Babbo Natale non era un tipo abituato ad
avere e perdere troppo tempo e dopo tre giorni iniziò a prudergli il
tallone sinistro, inequivocabile segno del fatto che si stava annoiando.
La grande idea gli venne durante una colazione
con pane, burro e zucchero e venne spiegata ai suoi dipendenti in una
riunione straordinaria organizzata dopo pranzo.
“E se facessimo una consegna a sorpresa
estiva? Non solo per i bambini, per tutti, grandi e piccoli. Sarà una
festa inattesa e per questo ancora più speciale. Vedrete le facce che
faranno quando si troveranno pacchetti e pacchettini un bel mattino
d’agosto!”. Il gruppo, già in preda all’entusiasmo, raccolse
pantaloncini e parei, pronto a ripartire.
I
lavori nelle fabbriche ripresero febbrili, i bimbi erano già sistemati,
ma bisognava pensare ai grandi. E con i grandi, si sa, tutto è più
complicato: non chiedono nulla, non scrivono letterine, a volte non
sanno nemmeno di desiderare qualcosa.
Babbo Natale lavorò giorno e notte,
pensò, pensò e ripensò, fino a che anche il più nascosto uomo della
Terra ebbe il suo regalo personalizzato.
Il 31 luglio tutto fu pronto per la più
spettacolare e sorprendente festa di Natale estiva. Le renne vennero
caricate e iniziò la parte più dura ma anche più soddisfacente del
lavoro, la consegna.
La
notte fu lunga e impegnativa, recapitare regali a piccoli e grandi
non fu per nulla semplice. Ma alle
prime luci dell’alba tutte le case del mondo, proprio tutte, avevano
ricevuto la visita e i doni di Babbo Natale. Bisognava solo aspettare il
risveglio delle famiglie e le loro reazioni a quella mattina speciale.
In giro per il mondo ne successero di
tutti i colori.
In Francia, il signor Renè Courrier, alzatosi di buon mattino per
recarsi a fare la passeggiatina quotidiana, scorse in salotto due regali
inattesi. Mise in moto il cervello ancora addormentato, ma non gli
riuscì di individuare alcuna ricorrenza particolare per quel giorno. Gli
venne però in mente la figuraccia rimediata solo un anno prima, quando
si era inspiegabilmente dimenticato di fare gli auguri alla moglie per
l’anniversario di nozze, e nel timore di compiere un nuovo errore, uscì
di corsa in pigiama a cercare un mazzo di fiori per la sua amata.
In Italia, a casa del professore di matematica
Elpidio Rigoni, l’allarme fu dato dal figlio Ottavo:
“Papà, papà, qui è pieno di regali! Dev’essere
passato Babbo Natale!”
“Forse è venuto con Cappuccetto Rosso,
speriamo non si siano portati anche il lupo” rispose il padre
ironicamente, prima di inciampare proprio sul regalo lasciato per lui
sulla porta della cucina.
In Africa, a casa del signor Mandù, i regali
recapitati furono sedici, poiché a parte la mamma e il padre i figli
erano nientemeno che quattordici. Babbo Natale, arrivato a casa
loro quasi al mattino, stanco e di
corsa, aveva fatto una gran confusione. Fu così che papà Mandù ricevette
un paio di collant beige, mamma Mandù una fionda con tanto di munizioni,
il figlio più grande un cerchietto per capelli con una farfalla e così
via. Ci volle tutta la mattina per unire ogni componente della famiglia
al proprio regalo, ma fu un vero spasso per tutti.
Quanto a me, ricordo ogni particolare di quel
mattino: avevo dormito male e mi ero svegliato peggio, avevo promesso
alla mamma che quel giorno l’avrei aiutata a lavare il terrazzo, ma non
ne avevo nessuna voglia. Ero stato io a trovare i regali nel corridoio:
ero rimasto immobile ad osservarli per qualche minuto, a casa mia non
eravamo abituati alle sorprese.
Non ho mai saputo perché Babbo Natale avesse
pensato per me ad un diario dalle pagine bianche e morbide. Ciò che so è
che iniziai a scrivere: barzellette, invenzioni, segreti, nascondigli.
Poi racconti, fiabe, storie, idee. Fino alla nascita del primo romanzo.
Qualcuno aveva capito prima di me che da
grande sarei potuto diventare uno scrittore. Ma se dico che è stato
Babbo Natale in un caldo giorno d’estate, mi crederanno?